Lupin III: L’avventura italiana | Recensione: una serie fortemente altalenante
Lupin III: L’avventura italiana (Lupin Sansei Part 4) rappresenta un importante evento per il franchise del ladro gentiluomo: si tratta infatti della serie che dopo moltissimi anni riprende la celebre saga (la terza serie andò in onda tra il 1984 e 1985!), cercando di rinnovarla e adattarla ai giorni nostri.
Questo anime, che fece la sua uscita nel 2015, vede all’interno del suo staff animatori di vecchio corso come Tomonaga Kazuhide (che lavorò per i disegni chiave sia alla seconda serie del 1977, che al celebre Lupin III: Il castello di Cagliostro, del 1979) e altri più giovani, come Takahashi Yūya (che vide la sua partecipazione a Lupin III: La donna chiamata Fujiko Mine, del 2012).
Per forza di cose, mi esprimerò su questo anime dando per assodato che già conosciate il franchise il quale, anche nel nostro paese, risulta conosciutissimo: parlare di Lupin III come un qualsiasi altro anime non avrebbe senso, cercherò perciò di analizzare questa serie tenendo conto dell’eredità che questa saga ha alle sue spalle.
Prima però, ci tengo a far presente che questo anime vive molto dell’eredità data dal trittico di mediometraggi dedicati all’anniversario della serie diretti da Koike Takeshi (che ne dà un suo tratto inconfondibile): l’opera infatti nasce all’ombra del primo di questi tre film (Lupin III: La lapide di Jigen Daisuke), uscito l’anno precedente, dovendo a esso molto del character design e dello stile di animazione.
Andando perciò a sviscerare la trama, questa racconta di Lupin III e la sua banda (Jigen, Goemon, Zenigata e Fujiko), catapultati nell’Italia (e San Marino) contemporanei. Qui faremo conoscenza di Rebecca Rossellini, ricca e nobile ragazza di San Marino, con la quale per svariate circostanze Lupin finirà per sposarsi. Il nostro gruppo vivrà perciò un’avventura nel belpaese, nel corso della quale comparirà “il sogno italiano”, un elemento di mistero che verrà man mano indagato durante tutto lo svolgimento dei 26 episodi.
Per quanto riguarda la colonna sonora, l’ho trovata ben fatta e in linea con lo stile di Lupin, ciò non stupisce dal momento che è stata composta da Ohno Yuji, che lavorò alle musiche di buona parte dei film, serie e special usciti dalla seconda stagione in poi. Molto belle sono sicuramente le sigle di apertura e chiusura: la prima rappresenta un ottimo riarrangiamento della sigla storica, senza vocale e accompagnata da animazioni d’impatto; mentre la ending è una cover giapponese della famosissima “Tu Vuò Fa' L'Americano” di Renato Carosone.
Fin qui tutto bene giusto? Sembrerebbe che ci troviamo di fronte ad una serie di ottimo livello, ma allora come mai ho dato un titolo simile alla recensione? Ebbene, purtroppo la serie non mantiene le aspettative riposte: dopo tanti anni di attesa uno si aspetterebbe che si tiri fuori un’opera di pregevole fattura… e invece così non accade.
La serie sconta infatti gravi problematiche di scrittura: abbiamo una storia di fondo che nel corso dei primi episodi viene pian piano preparata, suscitando curiosità e interesse agli spettatori e spettatrici… quando però il mistero viene spiegato lo si conduce con fare sbrigativo. Dopo ciò, la trama orizzontale rimane del tutto assente per alcuni episodi, per poi ricomparire timidamente in altri e tornare preponderante solo verso la parte finale.
Tutto ciò porta la serie ad essere fortemente altalenante: abbiamo buone puntate alternate da altre del tutto inutili e banali (che sembrano filler, riempitivi). Questo andamento non lo ritroviamo solo nella scrittura, ma anche sul fronte tecnico.
Le animazioni partono in modo ottimo: i primi episodi risultano ben animati e con una qualità superiore alla media dei prodotti anime, ma purtroppo con il proseguire degli episodi (in particolare da metà serie in poi), ci ritroviamo di fronte ad un calo progressivo delle animazioni, tranne per alcuni momenti dove queste tornano di alto livello; ci sono altresì delle brevi sequenze che, senza che uno/a se lo aspetti, hanno dei lampi di genio e stupiscono positivamente.
Va infine fatto un cenno ai personaggi: se Lupin e il trio che lo accompagna (Jigen, Goemon e Fujiko) li ho ritenuti fedeli a sé stessi e ben in linea con la caratterizzazione storica, lo stesso non si può dire per Zenigata, che da un completo idiota passa ad essere molto più serioso e formale (ma non in tutti i momenti con la stessa intensità), risultando poco coerente con sé stesso.
Rebecca risulta invece una buona aggiunta, ma ho trovato compaia troppo poco (poiché principalmente legata alla trama orizzontale) e ciò è un gran peccato: le potenzialità per svilupparla meglio c’erano. Per il resto gli altri secondari sono ben scritti e svolgono bene il loro compito nell’equilibrio della storia.
Concludendo, non posso che provare un po’ di delusione per quella che, sulla carta, poteva essere una serie fantastica. Se solo si fosse prestato più riguardo nella scrittura ne sarebbe potuto uscire davvero un bel prodotto. Detto ciò, nonostante questa occasione mancata, la serie intrattiene abbastanza: se siete fan della saga del ladro gentiluomo (e donnaiolo) forse vale la pena dargli una chance. Diverso invece è il caso per chi fosse estraneo al franchise: onestamente sconsiglio di vedere questa come prima serie di Lupin III.
Voto: 6,5
Fonti immagini: lupin.fandom.com, anime.astronerdboy.com, animeuknews.net
Nota a margine: ed eccoci qui con una nuova recensione. Ho un certo legame con questo franchise (che però mi sono recuperato solo negli ultimi anni) e ciò mi ha portato a scrivere quella che è la mia più lunga recensione mai realizzata. Ahimè questa stagione ha deluso le mie aspettative, perciò ho avuto molto da ridire su questo prodotto: alla fine mi sa che è più semplice scrivere tanto quando un’opera non ti ha soddisfatto, più che il contrario… che ne dite?
Commenti
Posta un commento
Lascia un commento!